E se un bambino chiede “Come sarà il mio futuro?”

E se un bambino chiede “Come sarà il mio futuro?”

E se un bambino chiede “Come sarà il mio futuro?”

Un bambino di 10 anni – mio nipote – pensieroso, mi ha chiesto:

«Nonna, tu che sai, come pensi sarà il mio futuro?»

«Intendi, domani?»

«No, diciamo tra 5 anni».

«Tu avrai quasi 16 anni e io quasi 74».

«Ci sarai ancora, vero?»

Cosa rispondergli, in un periodo storico foderato di incertezza e protocolli? Tempo di covid, da un anno?

Cosa rispondergli, se, tra l’altro,  ha appena detto addio a un nonno?

Ci si sente addossati di una grande responsabilità, timorosi di sbagliare.

Io ho risposto così:

«Non lo so come sarà il tuo futuro nè il mio. Sai, la vita è come un libro: vi si leggono le pagine, si può sfogliare, ma solo all’indietro. Le pagine oltre all’oggi non sono visibili. Ma, proprio qui sta il bello. Ogni nuovo giorno è dono e sopresa!»

«Ma io ho pensieri cessi. Non positivi».

«Anche io. Ho paura, che ci ammaliamo, che ci accada qualcosa di brutto, che rimaniamo prigionieri per ancora tanto tempo di un virus malefico. Ho paura della miseria, della solitudine, di invecchiare e di morire».

«Davvero? Anche gli adulti hanno paura? Credevo che, col diventare grandi, si sapesse tutto e si diventasse forti!»

«No, non è così. Crescere non significa questo».

«E cosa significa, allora?»

«Significa vivere con responsabilità, lavorare, affrontare e risolvere problemi, ma con fiducia e orgoglio di avere te come nipote».

Ho sempre saputo che i bambini abbiano visuali molto più ampie di me adulta, degli adulti in generale. Ne ho avuto la conferma.

L’ho abbracciato. Abbiamo pianto insieme, sentendoci vicini.

Credo che questo sia ciò che conta, per un bambino, ma anche per un adulto: non sentirsi solo ad avere pensieri nebulosi e dolorosi.

Se un adulto sottovaluta o nasconde o consola senza spiegare, ecco che il bambino si sente sbagliato e rischia di chiudersi in se stesso.

La comprensione rappresenta il ponte emotivo tra generazioni: tra nonni e nipoti, in questo caso.

Se la morte è così devastante anche per gli adulti, posso solo immaginare cosa passi nella mente di un bambino di 10 anni, al primo impatto con la morte di un nonno, del non poterlo più vedere, parlargli.  Realizza che anche la mamma e il papà, per lui invincibili, potrebbero improvvisamente scomparire. E, così, elabora la domanda: “Morirai anche tu?”

Essendo troppo diretta, per paura di una risposta secca, la trasforma in: «Nonna, il mio futuro, diciamo tra 5 anni, come sarà? Tu ci sarai?»

La risposta realistica deve abbinarsi al modo di porsi, tranquillizzante e protettivo.  Cosa dire non è semplice nè facile. L’importante è la sincerità e fargli capire che ciò che prova non riguarda solo lui, ma tutti, a ogni età.

Racconto l’esperienza di Iris, nonna di Christian, 4 anni:

«Quando, improvvisamente, a 60 anni, è mancata la mia mamma, lasciandoci tutti annichiliti, il mio nipotino Christian, sensibilissimo e legatissimo alla nonna, insistentemente ci chiedeva perchè e dove la sua nonna se ne fosse andata. Gli ho raccontato che una parte bellissima del cielo, piena di giardini, animaletti e giochi, è riservata ai bambini che, causa gravi malattie, vanno in cielo. Lì trovano Gesù che li guarisce e possono giocare felici. Ma c’è bisogno di tante persone che si occupino di loro, per preparare il pranzo, per pulire, e le nonne per raccontare loro le fiabe e farli addormentare. Allora, Gesù chiama le persone ammalate che soffrono e le porta in quel bel paradiso, le guarisce e loro, felici, accudiscono i bambini. ”Ecco, la tua nonna è lì, ora sta bene e gioca con i bambini che, altrimenti, sarebbero soli».

Christian: «Ma mica gli vorrà  più bene che a me?»

«No, tesoro, tu sarai sempre il preferito della nonna, ma tu hai mamma, papà e tutti noi che ti vogliamo bene, i bambini in cielo sarebbero altrimenti da soli e piangerebbero».

«Ah, la mia nonna è simpatica, gioca a nascondino e li fa ridere…così non piangono più!»

A  quattro anni, può andare bene come risposta. A dieci, no.

Importante è non scivolare nella banalità,  perché i bambini, magari, lasciano perdere sul momento – almeno ai grandi così appare – ma se la legano al dito. Attenzione dunque!  Meglio esternare i nostri legittimi dubbi: ciò li renderà indipendenti e creativi, capaci di trovare da soli le risposte che stanno cercando.

Una cosa è certa. Ci sarà sempre il futuro per tutti i bambini. Ci saranno sempre i nonni, anche se non in vita!

 

 

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pierina gallina

Ho un nome e un cognome che non si dimenticano. Sono appassionata di scrittura, poesia, viaggi, libri e persone, in particolare bambini e saggi. Ho pubblicato cinque libri e sono una felice nonna di 7 nipoti, da 6 a 18 anni, mamma di tre splendide ragazze, e moglie di un solo marito da quasi 50 anni. Una vita da maestra e giornalista, sono attratta dalla felicità e dalla medianità, dallo studio della musica e degli angeli. Vi racconto di libri, bambini, nonni, viaggi, e del mio Friuli di mezzo, dove sono nata e sto di casa, con i suoi eventi e i suoi personaggi. Io continuo a scrivere perchè mi piace troppo. Spero di incontrarti tra i fatti e le parole. A rileggerci allora...

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