Premio San Simone a Codroipo (Ud) 28 ottobre 25
Premio San Simone: la parola friulana tra radici, sfide e speranze per il futuro. Vince Remo Spizzamiglio.
Ci sono premi che accendono i riflettori e altri che invitano al silenzio e alla semina.
Il 46° Premio San Simone appartiene a questa seconda, preziosa categoria. Quella che non rincorre l’applauso immediato, ma si nutre della certezza che ogni parola scritta o tradotta in friulano sia un seme di futuro, una promessa di continuità.
Il giorno di San Simone, 28 ottobre, come da tradizione, si è svolta la cerimonia di consegna del concorso dedicato alla lingua e alla cultura friulana, condotta dal segretario Giulio Pagotto, nello spazio “Terra di acque” davanti al municipio.
A vincere la sezione dedicata alla traduzione è stato Remo Spizzamiglio, la cui versione di Villa Veneta di Elio Bartolini – letta dall’attore Paolo Mutti – ha convinto la giuria, formata da Paolo Cantarutti, Flavio Santi e Gottardo Mitri, presidente. Segnalato Federico Scarpin.
Per la sezione “raccolta di racconti”, invece, la giuria – composta da Martina del Piccolo, presidente, Paolo Patui e Maurizio Natuzza – ha preferito non assegnare il premio, segnalando tuttavia il lavoro di Roberto Meroi e sottolineando l’impegno, la qualità e la passione dei partecipanti.
Come ha ricordato Martina del Piccolo, ”il premio è occasione feconda per capire dove sta andando la lingua friulana, come e perché”.
Silvia Polo, assessore alla cultura, ha espresso gratitudine verso tutti i concorrenti, le giurie e i collaboratori: “Questo premio non è solo competizione, ma creazione artistica. È un piccolo seme di parole e d’amore per questa terra, che un domani potrà fiorire”.
Federico Vicario, della Società Filologica Friulana, ha ribadito la speranza “di vedere il domani della nostra lingua attraverso l’uso letterario”, mentre Franco Iacopo, presidente dell’Ente Friuli nel Mondo, ha richiamato l’orgoglio di una lingua ancora parlata nel mondo e la necessità di offrire ai giovani nuove opportunità per frequentare la loro storia.
Il sindaco Guido Nardini ha invitato le famiglie ad “aiutare i bambini a parlare friulano, almeno per sentirne il suono, la dolce musicalità”.
Un invito condiviso da Eros Cisilino, presidente dell’ARLEF: “Il friulano è corto, diretto, capibile anche dagli stranieri. Cattura subito l’attenzione”.
Con la sua ironia poetica, Geremia Gomboso, presidente dell’Istituto Pre Checo Placerean, ha chiuso augurando che “lo Spirito Santo venga in Friuli”.
A rendere ancora più viva l’atmosfera, le note del cantautore Claudio Banelli. Con il suo friulano carnico – in collaborazione con il festival Suns Europe – ha trasformato la cerimonia in un canto d’identità.
Alla fine, tra riconoscimenti, segnalazioni e parole di speranza, è rimasta la certezza che scrivere, tradurre e amare in friulano è già un premio. Infatti, l’anticipazione per l’edizione 2026 riguarda la dedica del premio ad Amedeo Giacomini, nel ventesimo anniversario della sua scomparsa.
Un modo per dire che il Friuli c’è, e continua a parlare la sua lingua, anche quando il mondo tace.







